È sufficiente parlare con un qualsiasi produttore per capire che la coltivazione e la trasformazione in vino di quest’uva particolarissima, rappresenta una vera sfida e il risultato, laddove ci si dedichi con passione, lo vede come punta di diamante dell’azienda. Molto esigente sia dal punto di vista ambientale che enologico, si comporta in maniera capricciosa, suscettibile ai terreni, al clima, alle annate, più di ogni altro vitigno.
Se fosse una donna sarebbe affascinate e di gran gusto, lunatica e misteriosa. Se fosse un uomo sarebbe di quelli che si alzano con la luna storta, salvo svelare, inaspettatamente, un cuore morbido e delicatezze insospettate. Ma è un vitigno, un’uva, un vino.
C’è chi sostiene essere fra le uve più antiche di cui si hanno notizie storiche, la sua origine risale al III – IV secolo dopo Cristo, in Borgogna, anche se, il Pinot nero che si coltiva oggi, non è quello delle origini, poco produttivo, sostituito, dopo la piccola glaciazione, verso il 1700, da forme di maggiore resa e colore più intenso, fino ad arrivare alle attuali tipologie introdotte in Borgogna e in Champagne tra il XVIII e XIX secolo.
Proprio nella seconda metà del 1800, il Pinot nero, benché fonti storiche alludano alla presenza su queste colline di alcuni genotipi già nel 1500, arriva in Oltrepò Pavese, nella Valle Scuropasso. Qui sembra trovare il suo habitat naturale e, da Rocca de’ Giorgi, la coltivazione si è estesa a tutto il territorio dell’Oltrepò Pavese, tanto che, oggi, sono 2.816 gli ettari coltivati a Pinot nero (dato di settembre 2023). E se, come abbiamo detto, trattasi di un vitigno capriccioso e volitivo, c’è da credere che sia stato lui a scegliere queste terre, oggi terza zona al mondo per estensione vitata a Pinot Nero, prima in Italia con una produzione che raggiunge il 75% di quella nazionale.
Un proverbio sloveno recita che “il terroir è un piccolo uomo, su una piccola terra, sotto un piccolo cielo”: espressione romantica capace di ricondurre alle micro condizioni di terreno, esposizione, clima e storia umana che fan sì che ogni vino sia diverso da ogni altro.
Confermata la sua esclusiva simbiosi con il terroir, è ovvio che la micro suddivisione dei terreni, non lo spaventi minimamente. Ogni vigna ha il suo prodotto e, ci insegna la Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese edita nel 2008 a cura del Consorzio Tutela, che in ogni vigna, tenuto conto della posizione, della composizione del terreno, dell’esposizione alla radiazione solare, si può impiantare il clone più appropriato.
La “piccola pigna” (da qui sembra derivare il termine Pinot a significare sia la modesta dimensione del grappolo, che la caratteristica di avere gli acini fitti, appunto come le squame di una pigna), conta infinite qualità e differenti cloni, selezionati in base a caratteristiche specifiche: la produttività, la resistenza al marciume, il periodo di maturazione e così via, dando indicazione sull’attitudine alla vinificazione in rosso piuttosto che alla spumantizzazione.