Se è vero che si osa sempre di più nell’abbinamento cibo/vino, è ancora vero che, con i dolci, la scelta è meglio ricada su un vino altrettanto dolce. L’abbinamento dev’essere come si suol dire, per assonanza: troppo difficile da contrastare, il sapore dolce, sia per intensità che per persistenza, è sempre meglio non contrapporsi (no assolutamente agli Spumanti secchi!) ma compiacerlo, appoggiarlo.
Non sfuggono a questa regola i dolci tipici delle feste natalizie e l’Oltrepò risponde alle diverse richieste con vini altrettanto diversi che hanno come fil rouge, l’alta qualità e la tradizione locale: Moscato, Sangue di Giuda, Malvasia, Buttafuoco chinato, diversi passiti e qualche insolita sperimentazione.
Diffuso in tutto il territorio, il Moscato, di colore giallo oro chiaro – giallo paglierino, con riflessi dorati e lieve spuma bianca, il profumo aromatico, ampio, caratteristico, intenso e delicato, con fragranze di muschio, legno di rosa, salvia e frutta matura, il sapore dolce e gradevole, dà la migliore espressione di sé sulle colline di Volpara. Si ottiene da un vitigno di antichissimo lignaggio, conosciuto in epoca romana come Vitis Apianae perché prediletto dalle api per l’aroma molto marcato e per la ricchezza di zuccheri.
Il Pandoro, il Panettone, anche con canditi, molti dei dolci lievitati tradizionali, si lasciano enfatizzare felicemente da Bollicine di Moscato, tenendo presente che, i canditi del panettone, soprattutto se insieme a frutta secca, potrebbero indirizzare più favorevolmente verso un Malvasia.
Le paste lievitate con crema pasticcera (Pan di Spagna, Pan Brioche, Girelle, Veneziane, Chinoise, con crema), che stimolano una sensazione di grassezza più persistente, prediligono si un Moscato ma frizzante.
I dolci più strutturati, la piccola pasticceria con creme e frutti, ben si abbinano a un Moscato passito che potrebbe anche sostenere una sbrisolona.
Così denominato pel suo colore rosso intenso, si ottiene dalle seguenti qualità di uve: Croatina, Ughetta, Uva Rara, Bonarda, ma in prevalenza Croatina, uva che da sola dà vino molto rosso, ma di sapore amaro; il Sangue di Giuda è quindi generalmente amandolato, denominazione locale per indicare i vini che sono ad un tempo amarognoli e dolci, ma così bene amalgamati da renderli gradevoli e apprezzati fra i vini fini da bottiglia. I caratteri organolettici del Sangue di Giuda corrispondono a quelli del Barba-Carlo. È, questa, la descrizione nel manuale di Arturo Marescalchi dedicato a I Vini Tipici d’Italia, datato 1924, di uno dei vini, unico nel panorama mondiale, più storici in Oltrepò Pavese. Vino da dessert, vino di lusso (così sono classificati spumanti, vini aromatici, aromatizzati, passiti, liquorosi, secchi, dolci, consumati a fine pasto o fuori pasto) il Sangue di Giuda, è prodotto solo in Provincia di Pavia, a est della Valle Versa e con l’uvaggio storico già indicato dal Marescarpa, più il Pinot Nero previsto dal recente disciplinare. Può essere fermo, frizzante o spumante.
Il sommelier lo consiglia in abbinamento territoriale con le Offelle di Parona, in quanto la sua effervescenza e acidità detergono il palato. E se intingiamo l’offella nel cioccolato? L’aggiunta di cioccolato, se si rimane su una percentuale di cacao fino al 75-80%, regge ancora il Sangue di Giuda ma, se si aumentano l’intensità e la struttura del dolce, ad esempio un salame di cioccolato, scegliamo un vino aromatizzato come un Buttafuoco chinato.
Mirella Vilardi
con la consulenza
del sommelier – relatore Fisar
Massimiliano Porri