Scorrendo i menu proposti dai ristoranti e agriturismi, l’impressione netta è che, chi opera nelle cucine e nelle sale da pranzo, proprio non ci sta a guardare al Natale e alle ricorrenze intorno come a una scatola svuotata del suo contenuto. E proprio lì, sulle tavole, gioca la carta del ricordo, di proustiana memoria, che il cibo è in grado di veicolare.
E dunque, sulla più sontuosa tavola dell’anno, si vedono comparire prodotti e preparazioni che un tempo erano carichi di simbolismi e che oggi a malapena fanno appello alla tradizione: scelta meritevole di essere appoggiata, per riappropriarsi un poco della propria storia familiare e dei paesi, per dedicarsi all’ascoto di uno storytelling sempre affascinante, capace di spiegarci il valore intrinseco e allusivo di una mandorla, di una melagrana, di un acino di uva passa, del formato delle paste fatte in casa, del colore della zucca, delle arance e del sole che torna a brillare, in quei giorni, per una manciata di minuti in più.