Citato come “tappa obbligatoria per gli amanti dei sapori locali” dalla Guida Michelin, segnalato con la forchetta sulla Guida del Gambero Rosso, inserito tra le osterie segnalate da Slow Food e da Il Golosario, Prato Gaio rappresenta il tempio della cucina locale. Carta d’identità è l’Oltrepò Pavese, con le sue ricette più tradizionali, i suoi prodotti, i suoi vini e solo quelli. Giorgio Liberti, supportato da Daniela Calvi, dal 1990 ha preso le redini del locale di famiglia, una realtà che, da oltre 140 anni, rappresenta, l’emblema del pranzare fuori casa e della convivialità.
L’edificio, dall’esterno, mostra il suo essere una semplice casa degli anni ’70 ma, appena varcata la soglia, ci s’imbatte in una atmosfera straniante e rilassante dove ogni cosa, a cominciare dalla grande rossa affettatrice Berkel, è indice di scelta accurata e di qualità. Prato Gaio ha mantenuto, nel nome e nel logo, quell’essere luogo di spensieratezza dell’epoca in cui, l’osteria, era affiancata alla balera all’aperto.
Sulla tavola, Salame di testa, i salumi tipici dell’Alta Valle Versa, il “Duls in brüsc” (provare per credere), “Farsulé” al formaggio di capra, Agnolotti “in surbir”, “Mârlüs cun l’ügheta” l’ottocentesco dolce al cucchiaio Zuppa Tartara e quant’altro, rendono l’esperienza culinaria di quelle che si ricordano.
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